I Maneskin, quattro giovani ragazzi di Roma, che in pochi anni hanno scalato le classifiche arrivando a vincere la 71esima edizione del festival di Sanremo.
Una rivoluzione? Perché?
Poche volte si è visto vincere una giovane band al festival di Sanremo, e lo sapevano bene i Maneskin quando sono saliti sul palco dell’Ariston.
La rivoluzione della quale parlano infatti è proprio questa: essersi presentati al festival portando un pezzo non pensato per vincere e che non era la canzone tipica di Sanremo. Le band, si sa, non hanno mai avuto grande fortuna, e un pezzo con chitarre distorte, basso distorto e un ritornello non melodico, non era di sicuro la strada più facile per il successo.
“La rivoluzione che pensiamo di aver portato è quello di aver portato un tipo di musica che non aveva mai raggiunto la vittoria al festival e ci sentiamo di aver fatto qualcosa che può essere importante per Sanremo.”
Quattro ragazzi che si divertono sul palco e che, attraverso la musica, portano il loro messaggio. Trasformano le ribellioni in quel rock che in Italia un po’ mancava. Canzoni adrenaliniche e testi pieni di significato, cantati con rabbia.
Da qui nasce il loro nuovo album “Teatro d’ira – Vol.1”. Un’ira catartica, positiva, dalla quale ci si sente sollevato dopo che la si sfoga nella musica. Un’ira che mira a creare qualcosa di bello e artistico.
Un mix perfetto di talento, musica e amicizia che porta ad aver realizzato un grande sogno: quello di aver mostrato a tutti la forza di un gruppo che ha infranto le regole e meccanismi sempre uguali.
Ribelli, determinati e senza peli sulla lingua. Sono un’ispirazione per noi giovani, la prova che se si lavora duramente e si crede nei propri sogni, questi possono diventare realtà.