C’è un bullismo manifesto, eclatante e roboante che tiene banco nella cronaca di tutti i giorni. Violenze fisiche e verbali, persecuzioni via web, pestaggi e appostamenti di gruppo, o meglio di branco, dinanzi ai quali non si può, evidentemente, restare indifferenti. La deprecazione, la condanna, il biasimo dinanzi a tali nefandezze e vigliaccherie nascono spontanee, anche se raramente portano a soluzioni incoraggianti e risolutive.
Ma esiste anche un bullismo strisciante, subdolo, meschino e meno appariscente. E’ quello dei leader bulli, che vorrebbero dettare la linea in classe. Vorrebbero stabilire chi è cool e chi è fuori tempo, vorrebbero decidere chi merita di essere valorizzato e chi no, vorrebbero sostanzialmente stabilire con chi bisogna stare e chi si deve escludere. In tal senso il nostro ruolo di educatori è indispensabile. Sul nostro livello di autorevolezza, di affidabilità e di accoglienza si gioca questa sfida così importante.
A distanza di almeno dieci anni, ho rivisto e sentito con piacere in un programma televisivo Paolo Giordano, scrittore, scienziato e fisico. Un “numero primo”, per parafrasare in parte il titolo del suo romanzo d’esordio “La solitudine dei numeri primi”. Bisognerebbe, seppur siano passati diversi anni dalla pubblicazione del romanzo e tante cose siano cambiate, farlo leggere ancora ai nostri giovani studenti. Se, dopo averlo letto, anche uno solo dei tanti numeri primi, che affollano le nostre aule, dovesse sentirsi meno solo, avremmo raggiunto un gran bel risultato.