E’ di Charlotte Whitton, un’attiva femminista canadese, prima donna sindaco di una grande città, la frase “Qualsiasi cosa facciano le donne, devono essere almeno due volte più brave di un uomo, per essere considerate brave la metà di lui”. Niente di più vero, mi viene da pensare. Per troppo tempo il ruolo della donna è stato unico e ben definito, relegato in ambito casalingo e familiare, a crescere i figli e occuparsi della casa, con la frequente possibilità di aiutare nel faticoso lavoro dei campi. Nel corso dei decenni, si è percorsa una strada, lunga e faticosa, che ha portato al riconoscimento di importanti diritti, ma il cammino per abbattere la discriminazione e raggiungere un’eguaglianza esistente solo sulla carta, appare ancora lungo e tortuoso. Tra questi il diritto al lavoro, tutelato in primo luogo dalla nostra Costituzione, senza distinzione di genere, dal codice civile, e da numerose disposizioni di legge che garantiscono una sostanziale parità giuridica per l’accesso e lo svolgimento dell’attività lavorativa, nonché pari opportunità e parità di trattamento, in termini economici e di possibilità di carriera. Se la Rivoluzione industriale ha reso possibile che molte donne ricoprissero nelle fabbriche mansioni faticose, i successivi cambiamenti sociali a partire dal dopoguerra, e l’avvento dell’epoca moderna, hanno radicalmente cambiato il modo di pensare della donna, invogliata e incoraggiata a intraprendere percorsi universitari, concludendoli prima e con voti mediamente più alti degli uomini, e ad affacciarsi in ambiti da sempre considerati maschili, fino a ricoprirne i rispettivi ruoli. Importanti studi hanno dimostrato quanto il ruolo femminile, in ambito lavorativo, economico, finanziario e sociale abbia un impatto significativo sullo sviluppo e sulla crescita di un Paese. Tuttavia, il tasso di occupazione delle donne risulta essere inferiore del 22% rispetto a quello maschile, e si riscontra una bassa possibilità di fare carriera, sicuramente perché ci si muove in un ambiente non ancora completamente favorevole alla loro presenza stabile. Ci siamo abituati a vedere le donne ovunque, compresi i Corpi di Polizia, spesso però non ci si capacita vederle ricoprire certi ruoli ancor’oggi considerati poco adatti ad esse e ritenuti invece più adatti agli uomini. Se questo è ciò che appare dall’esterno, la realtà ci racconta che all’interno della struttura lavorativa, la situazione è tutt’altro che facile, soprattutto se è la donna a ricoprire un ruolo di potere o di comando. La cronaca, e la vita quotidiana, ci riportano spesso storie lavorative di donne ostacolate da colleghi uomini, perché in posizione di subordine; di donne ingiustamente accusate da colleghi uomini, di donne innocenti, che sconteranno per sempre la colpa di essersi difese. Potrei raccontare una storia vera adesso, di una “donna comandante”, della sua lotta, della sua vittoria, del prezzo pagato… ma avrei bisogno di più spazio. Non è parità questa.
Giulia Manca, 17 anni – Istituto Tecnico Commerciale Enrico Fermi, Buddusò